9 lug 2016

FerrAvioVia Tolmino/Tarcento 1. viaggio

Vi è, nel sogno, un celere cambio di scenari, persone e accadimenti privi di apparente continuità e logica. Questa eterogenea varietà sono la linfa del pensiero onirico, sempre piacevole, prima di chiudersi nell’incubo. Oppure, svegliandosi, finisce e non lo riprendi più. So di registi che cercano cdi ricordare le scene viste, meglio se assurde e prive di senso. E sono proprio le incredibili visioni dei nostri sogni quelle che tutti ricordiamo.
Anche quella mattina Nicola si era alzato alla solita ora di un giorno feriale. C’era buon tempo e dalla cucina sentiva sua madre che preparava le colazioni provocando quei rumori dignitosi del mattino, con il gorgoglio rotondo della Moka poco prima d’essere avvolti dall’aroma di caffè. Le semplici cose di tutti, ma quel giorno,Nicola si era alzato più sereno, merito di un bel sogno da raccontare subito a chi hai di fronte, sua madre, Ester.
E – Eccoti. Buon giorno, vedo che siamo di buon umore oggi?
N – Sì, sarà  il sogno che ho fatto. Strano, ma bello, avrei voluto continuasse ancora.
E – Certo, è così che va con i sogni. Dai racconta, se son cose dicibili ad una madre.
N –  Bèh, casomai escludo ciò che non va. Ero su un treno, seduto nel mio scompartimento accanto al finestrino. Ci stavano altre quattro persone tranquille, due donne carine, una più anziana e un signore. Nel vederli  ebbi chiara la sensazione di essere in India, o meglio, su un vagone con degli indiani. Però anche l’odore dell’aria era densa di profumi speziati e contrastanti. Non capivo il loro parlare, non era importante, mi sentivo bene, come uno di loro.Certo, ero in India e mi ero lasciato trascinare dallo scorrere del paesaggio che rallentava ogni qualvolta il treno transitava, non nella stazione, ma bensì nel mezzo di un villaggio e la gente si appendeva come poteva al vagone. Una sensazione interessante, come essere sul bus, nelle strade affollate. E la gente, salutando, si avvicinava quanto poteva e il treno fischiava continuamente. Ci fu anche una sosta più lunga perché una mucca non voleva liberare i binari. Ci volle pazienza.
E – Divertente.  Sarai rimasto suggestionato dalla visione di un film sull’India, l’altra sera, credo, davano “Il treno per Darjeeling”.
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N – Non so, ma tutti abbiamo dentro un immaginario indiano. Così questa corsa lenta passava tra i campi e le fitte boscaglie fino a incontrare la gente nei loro mercati. E il treno, sui suoi binari, transitava. Giunti nei pressi di una grande collina le rotaie disegnavano una curva che non permetteva di vedere oltre. Il convoglio aveva aumentato la velocità, presto raggiunse  la curva e questo permise di vedere come il paesaggio si stava modificando. Meno villaggi e mercati, si scorreva meglio, il tragitto era più tortuoso; finalmente ci fermammo in una stazione vera. I passeggeri che salivano avevano abiti diversi, meno colorati e più tradizionali.
E – Vedi, la globalizzazione colpisce anche i sogni.
N – Alla ripartenza, nello scompartimento i passeggeri erano tutti nuovi, niente più indiani. Anche gli odori, da un pezzo, non erano speziati e le finestre stavano chiuse perché la temperatura era più fresca. Continuavo a guardare il paesaggio, il buio era ancora lontano. Chissà quale sarà la mia meta, mi domandai. Tanto era un sogno.
All’orizzonte vedevo chiari i profili di alte montagne. Dio mio, siamo sull’Himalaya, esclami. Stazione dopo stazione, salivano sempre più persone dai lineamenti e dai vestiti famigliari. Pure le lingue erano meno sconosciute. Allora sono le Alpi, sto tornando a casa.
Ora riconoscevo i luoghi. Ne ebbi conferma quando il treno si fermò alla stazione di Jesenice e un’antica targa con le scritte incise, diceva in tedesco: Ferrovia Transalpina 1901 Linz – Trieste.
C’era da stupirsi, prima ero nella regione di Darjeeling, poi chissà dove e adesso in Slovenia. Così pensavo mentre guardavo in giro e tutto scorreva lungo le valli amiche. Osservai con piacere il dolce lago di Bled venirmi incontro. Lo salutai, oramai si correva versoBohinjska Bistrica e lì giunti il treno si fermò a lungo per un cambio di carrozze. Tra poco entreremo in una galleria lunga oltre sei km, intuì dal dialogare dei vicini. Meglio appisolarsi un po’. Subito dopo colsi l’entrata nella galleria dal differente rumore di ferraglia. Aprì gli occhi, si erano accese le luci, i vetri riflettevano i nostri bagliori e l’antico tunnel dava l’impressione di essere molto stretto. Si vedeva la roccia viva, mal levigata e non finiva mai. Come questo sogno di un viaggio senza approdo.
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La risposta venne alla fine della galleria, superata Podbrdo, eccoci aMost na Soči, con la sua piccola bella fermata, fatta proprio come s’immagina sia una  stazione Transalpina.
E – Most na Soči, (Santa Lucia di Tolmino). Pensa il caso. Nei sogni ci sono segni e disegni incomprensibili, ma pure congiungibili. Mia nonna, la tua bisnonna, che non hai conosciuto…
N – Quella che dicevi sempre fosse una strega? –
E – No, era una maga, vera. Lei era sempre in contatto mediatico con una signora russa che decise di andare a vivere proprio a Most na Soči. La bisnonna raccontava di questa donna importante i cui poteri erano molto forti, soprattutto per i disegni che interpretavano il futuro. Molte cose che diceva, puntuali si verificavano. Era nata a Kaliningrad, si chiamava Pelageya e gli piacevano i treni. Così incontrò tua bisnonna, intendo come medium, si era messa in contatto con lei per cercare notizie su un incidente ferroviario dove era coinvolto un suo conoscente. La maga la tranquillizzò e tutto risultò vero. Da quella volta furono sempre unite.
Nel 1920, centoventi anni fa, adesso siamo nel 2040Pelageya  si trovava a Linz per un viaggio sorpresa  lungo la nuova ferrovia che portava fino a Trieste, campo Marzio. La stessa ferrovia del tuo sogno. E quando giunse a  Most na Soči, nessuno sa perché, decise di fermarsi a vivere lì. Secondo la bisnonna lei avevo sentito energie importanti appena giunta in quella valle. Vuoi dalla confluenza di quelle acque, da quella ferrovia che esce dal lungo tunnel, nel tempo s’avvereranno cose belle. Quelle che serviranno a rendere migliore ogni posto, semplicemente scavalcando le montagne perché nulla può fermare i passaggi di chi a sete di conoscenza.
Nicola annuì. Rimase in silenzio, ma dentro, nuovi pensieri si accavallavano. Il sogno fatto era suo e si era svegliato appena giunti alla stazione. Chissà se il quel viaggio continuava fino a fargli vedere tutto il bello che aveva intuito solo la maga Pelageya.
(ma questo si saprà tra un po'. Al rientro delle mie ferie).
https://durigatto.wordpress.com/2016/07/09/ferraviovia-tolminotarcento-1-viaggio/

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